work in progress!!
Proponi
Modalità provvisoria consigliata: Per presentare una proposta prima di tutto ti consigliamo di inserire un tuo post se possibile in forma chiara. Le proposte espresse qui non passano immediatamente in discussione e votazione, ma subiscono qui una prima selezione e modificazione. Queste possono essere valutate dando un giudizio cliccando sulle stellette. Più stellette gli sono assegnate più buono è il giudizio. Le idee/proposte che raggiungono un gradimento minimo di almeno 4 stellette con 4 votanti, possono essere da voi ritenute sufficientemente buone da richiedere una votazione formale.
Modalità formale prevista: chiunque può presentare una proposta inviandone il testo a info@retedeicittadini.net, che la pubblicherà sul bollettino. La quantità di proposte presentabili e la lunghezza delle stesse è determinata dalla porzione di spazio dedicata a questo sul bollettino diviso il numero degli aderenti. (principio di suddivisione quantitativa delle risorse per la partecipazione). Questo valore cambia col tempo. Informatevi sulla grandezza della vostra “fetta” di sovranità consultando la pagina: [link]. Nel caso in cui la vostra proposta sia più grande dello spazio a voi individualmente spettante, potete considerare la possibilità di coordinare la vostra fetta di sovranità con altri e presentare un proposta collettiva. Oppure chiedere la pubblicazione della vostra proposta a “puntate”.
Quando la proposta viene pubblicata, si apre un forum dedicato alla sua discussione. Oppure verra aperta una discussione in sede ddi svolgimento della prima assemblea fisica. La discussione si chiude su richiesta del proponente. (Nel caso la chudeste troppo in fretta strozzando il dibattito come risultato probabile potreste ottenere un suo rigetto da parte di chi non ha capito o voleva ancora discuterne).
Un altra modalità possibile di decisione è il “silenzio-assenso” [link]. Essa ovviamente riiguarda inizaitive ch epossono concretamente essere attuate anche da un solo membro della RETE. Questa modalità ovviamente è attuabile solo dai membri iscritti alla RETE. L’iniziativa viene interrotta dalla manifestazione di opposizione all’iniziativa almeno di 1 dei membri della RETE. In questo caso l’iniziativa viene disconosciuta e viene inziata una procedura normale di discussione. L’iniziativa deve essere nota o per chiara evidenza, o meglio con esplicta segnalazione sul Bollettino. (Curate la pubblicizzazione della vostra iniziativa a nome della RETE, poichè essa potrebbe in caso contrario essere bloccata da chi non la conosce anche solo per sapere di che si tratta).
aldosaudelli ha detto 30 maggio 2012
Buongiorno a Tutti.
Quello che Vorrei dire, e’ che sono Veramente Amareggiato nel piu Profondo di me Stesso, nel Vedere Questa Nostra, Bellissima e Credo di Parlare con Cognizione di Causa INVIDIATISSIMA, Nazione, Sara’ Forse per la Posizione Geografica,Sara per il Clima,Sara’ per l”accoglienza che Riserviamo ai Turisti,Sara per le Bellezze Artistiche che Nel Nostro Paese Abbondano )Sara per il Buongusto che Abbiamo nel Servire al Desco i Prodotti che Madre Natura ci Regala, non lo so il Perche’, so solo che piu Andiamo Avanti, e piu Questa Nostra Nazione per cui i Nostri PADRI, AVI HANNO DATO LA VITA,( e che Tutto ora i Nostri Ragazzi Stanno Dando la loro Vita per far Rispettare la Dignita’ Umana nelle Altre Nazioni Oppresse per Interesse) Per Vederla un Giorno Bella Florida, Ammirata da Tutto il Modo, sta Sempre di piu Sprofondando Nell’Oblio
in quell’oblio, dal Quale non sara’ Facile Risalire,Perche Tutto Questo,Per L’Interesse Forse di Pochi Eletti, Perche’, Perche Gente senza Scrupoli si deve Arricchire, Facendo Pagare lo Scotto a chi non ha Possibilita’ di emergere, L’ITALIA? L’ITALIA E’ UNA UNICA INDIVISIBILE ( Da nord a sud, isole Comprese) Non Esiste nord centro sud isole ESISTE L’ITALIA.E BASTA
Cosa Possiamo Fare Noi Comuni Mortali, Per Poter Farci Rispettare,Per Rispettare Questa Nostra Terra,(Martoriata Dagli Eventi Cataclismici,Dal Fuoco, dagli Atti Vandalici Commessi Sempre da Persone Senza Scrupoli Sempre per Interesse) Se non Unendoci Tutti Quanti Insieme Lottando per Ottenere il Giusto, Alzando la Voce Dove Necessario per Farci Sentire, per Dire Noi Siamo Qua, Vogliamo Rispetto, Vogliamo Dire la Nostra in Merito
Ricordiamoci Questo Prima di Parlare, Cio che Abbiamo Non e’ Nostro, ma ci e’ Stato Dato da Altri Prima di Noi,Altri che hanno creduto di dare un Qualcosa in piu a Questa Loro e Nostra Nazione, Per Valorizzarla, per Far Vedere di Cosa Siamo Capaci,che la Nostra Creativita’ che il Nostro Ingegno, le Nostre Idee, Esprimo cio che Sentiamo cio che proviamo,Forse Sara’ Per Questo che Questa Nostra Nazione e’ Cosi Ammirata, Inviadata,Nel Resto Del Mondo
Questo e’ uno Sfogo
Aldo Saudelli
Cosa Manca a Questa Nostra ITALIA, per poter Essere Chiamata NAZIONE, a tutti gli Effeti, Innanzitutto Bisogna Vedere Cosa Abbiamo di Nostro ( Intendo Come Forza Lavoratrice )
Dunque, Abbiamo:
I Migliori Desainer per Quanto Riguarda L’Aspetto Esteriore
I Migliori Architetti per L’Architettura dei Nostri Fabbricati e non Solo
I Migliori Ingegneri per Quanto Riguarda le Costruzioni
I Migliori Ricercatori per Quanto Riguarda La Ricerca
I Migliori Carpentieri Sempre per le Costruzioni
I Migliori Ebanisti per Quanto Riguarda il Legno e il lavorare il Legno
I Mgliori Coltivatori Diretti, per Quello che la Generosa Terra ci Offre
I Migliori Cuochi per Quanto Riguarda la Cucina
I Migliori Conservatori Per Quanto Riguarda Lo Studio della Musica
I Migliori Maestri di Orchestra Per Quello che Riguarda La Musica
I Migliori Prodotti che la Terra Ci Possa Offrire, Quali: FRUTTA,VERDURA,CARNE,FORMAGGI,PASTA,PANE,E QUANT’ALTRO
Abbiamo Tutto, Ma Non Lo Sappiamo Far Fruttare, Perche’ Tutto Questo?
Sara’ perche nelle persone manca Quel Pizzico di Ottimismo, di Saper Vedere nell’Immediato Futuro, o Sara perche in 60 Anni di Dittatura L’Italiano si Sente Spento, Esausto, Svuotato di Tutte Quelle energie,di cui Necessita
Allora cosa Manca a Questa Nostra ITALIA per Essere Portata All’Apice MONDIALE
Manca, la Volonta. la Determinazione,L’Interesse nel Condividere Determinati Interessi, che in Fin dei Conti sono Nell’Interesse Nazionale (Se ci si Pensa)
UNIAMOCI PER PORTARE QUESTA NOSTRA ITALIA AI VERTICI MONDIALI
Aldo Saudelli
aldosaudelli ha detto 30 maggio 2012
La Politica Come Dovrebbe Essere ( Secondo La Mia Visione )
Noi Popolo Italiano, Abbiamo La Consetudine di Applaudire senza Aver REALMENTE CAPITO, Cosa Realmente intende L’ Interlocutore che Parla, ( Si Guardi gli Ultimi Discorsi, che gli Attuali Politici ci Propinano Tutti i Santi Giorni )
Secondo La Mia Esclusiva Visione, La Politica Dovrebbe Essere Esercitata Fuori dai Palazzi del Potere, e non Come Attualmente Accade All’ Interno, e Dovrebbe Essere Esercitata Dai Partiti e non da un Rappresentante Eletto Quale Rappresentante del POPOLO ITALIANO, alla camera e al Senato, il Governo dovrebbe Esclusivamente Legiferare Battagliare da una parte e Dall’ altra le leggi che Vengono Presentate, Inoltre come Prima Cosa Dovrebbe Essere Intransigentemente Vietata Sia l’ Iscrizione ai Partiti Politici sia di Presentarsi quale Rapppresentante del Popolo chi si Macchia anche di un Solo Reato, inoltre Dovrebbe Essere Obbligatorio per chi Volesse Percorrerre Tale Carriera il Possesso della Laurea In Legge,e la laurea nel Ramo che Andrà a Coprire una volta eletto Inoltre chi Viene Eletto Quale Rappresentante del Popolo Dovrebbe Firmare una Dichiarazione di Responsabilità ( In Cui Dichiara Apponendo La Propria Firma e Giurando Fedeltà Alla Patria, che è Cosciente e Consenziente dell’ Esercizio delle sue Funzioni e che se ne Assume Tutta La Piena Responsabilità) nei confronti sia di chi l’ha Eletto, sia del Popolo ITALIANO, Il Compenso per L’ Esercizio delle Funzioni Quale Rappresentante del Popolo Italianno Dovrebbe Essere Fissato in una Certa Cifra e Sopratutto Tassativo Legato Alla Presenza Effettiva in Aula e non Dovrebbe Superare i 5.000,00 €URO Mensili, inoltre Andrebbero Tolti Tutti i Benifici dato che Siamo Nell’ Europa e che gli altri Stati non Pagano quello che Paghiamo noi Italiani
Inoltre Credo che chi Venga Eletto Quale Rappresentante del Popolo Italiano, Debba Portare un Comportamento Corretto nell’ Esercizio delle Sue Funzioni, e non Come Attualmente Avviene, anche per Rispetto sia Verso chi ti ha votato sia Verso il Popolo Italiano Quale Rappresentante agli Occhi dell’ Europa e del Mondo Intero, per tutto il Tempo della Carica in Vigore
GINO ha detto 20 giugno 2012
QUELLO CHE PROPONGO DA SUBITO E’UNA BORSA SOCIALE COME IN TUTTI I PAESI EUROPEI A TUTELA DEL REDDITO,CHE INIZIALMENTE SI PUO’RICAVARE DAL QUASI AZZERAMENTO DELLO STIPENDIO PARLAMENTARE(3.000€+ RIMBORSI EFFETTIVAMENTE SOSTENUTI)
2 FASE
VEICOLARE UNA PARTE DELLE TASSE AD INCREMENTO BORSA SOCIALE(DA 5 a 15% A SECONDA DEL REDDITO E ED ENTRATE)CON CUI PAGARE 3 0 6 MESI DI SPESE VIVE(ENERGIA,ACQUA,GAS AFFITTO)REINSERIMENTO NEL MONDO DEL LAVORO ATTRAVERSO CORSI DI SPECIALIZZAZIONE PORTANDO IL CITTADINO A RIENTRARE PIU SPECIALIZZATO DI QUANDO E’ USCITO ED EVENTUALE LAVORI SOCIALMENTE UTILI IN ATTESA DEL REINSERIMENTO VERO E PROPIO O 450€ MENSILI PER NON PIU DI 24 MESI NON E’ FANTASCIENZA,E’ EUROPA…..
luisaramasso ha detto 27 luglio 2012
Io volevo proporre per le elezioni del 2013, la chiusura immediata dei CIE Centri di Identificazione ed Espulsione
Essi nati dalla legge Turco-Napolitano, la quale aveva diffuso la notizia che dovevano essere dei Centri di Accoglienza per gli stranieri, invece già allora erano dei veri e propri “lager” è la parola giusta. E’ inammissibile tenere segregate delle persone che sono qui solo ed esclusivamente per cercare in qualche modo di migliorare il tenore di vita proprio e della famiglia. Non dimentichiamo che anche gli italiani un tempo erano migranti in terre straniere. Quanti italiani sono partiti per l’America ai primi del Novecento. Oltretutto l’Italia ha sempre garantito il Diritto d’Asilo. Ricordate per quanto tempo gli Inti-Illimani sono stati nostri ospiti?
Ecco, l’Italia deve ritornare ad essere quella di allora: una terra accogliente
Pace, Forza e Allegria!
P.S. Pace = rispetto al Passato
Forza = nel confermare il Presente
Allegria = nel costruire il Futuro
veiensfurens ha detto 11 novembre 2012
Contratto di “mandato” parlamentare
Cari Amici…. Voi certamente sapete che AlbaMediterranea, all’interno della Lista Partecipata di RETE DEI CITTADINI si presenta per competere alle elezioni regionali del Lazio.
Siccome noi adottiamo le modalità procedurali della Democrazia Diretta… abbiamo indetto le votazioni primarie per il giorno 02 dicembre p.v. …
Chi, pure se non iscritto ad AlbaMediterranea o RETE DEI CITTADINI, volesse proporre la propria candidatura… è il benvenuto.
Potrà farlo, purchè aderisca (e sia compatibile) con le tre condizioni che qui elenco :
1) non deve aver mai fatto parte della cosiddetta “Casta” dei tre poteri dello Stato in passato… e cioè aver ricoperto cariche politiche o incarichi politici ed istituzionali (neppure da consulente esterno) all’interno dei partiti o Istituzioni al potere dall’inizio della Repubblica ad oggi;
2) Non deve aver avuto condanne neppure in primo grado per reati in danno della pubblica amministrazione o più in generale della Nazione;
3) deve sottoporsi al giuramento/impegno/contratto di “mandato elettorale” con i propri elettori in cui si impegna formalmente a :
a) mantenere fede al suo impegno programmatico condiviso e deciso dal suo elettorato;
b) interloquire costantemente con la base e seguire pedissequamente la volontà della maggioranza dei suoi elettori ed attuare tutte le strategie parlamentari per raggiungere i fini stabiliti dagli elettori;
c) sottoscrivere il contratto di esecuzione di “Mandato” come “agente” … secondo quanto previsto dall’articolo1703 e successivi del codice civile;
d) rendersi disponibile ora per allora ad essere sostituito dal primo dei non eletti a semplice votazione di obbligo di dimissioni richiesto dal suo elettorato;
e) accettare ora per allora di risarcire una penale pari al 50% degli introiti percepiti durante il“mandato” alla sua base elettorale in caso di palese inadempimento come sopra specificato;
f) autoridursi gli emolumenti parlamentari secondo le direttive della sua base elettorale;
g) dichiararsi disponibile a soggiacere al giudizio a consuntivo di fine mandato, se positivo, possibilità di ricandidarsi per un nuovo mandato, se negativo esclusione dalla ricandidatura, menzione di disonore, espulsione dal partito;
h) realizzare un video di impegnativa in cui si accettano tutte queste condizioni e dove si dichiarerà di accettare di essere definiti traditori e bugiardi liberandone giudizialmente ora per allora che utilizzerà tale terminologia.
Grazie a chi vorrà partecipare….. ovviamente condividendo preliminarmente l’approccio morale, intellettuale, ideologico, sociale, politico della visione della realtà che AlbaMediterranea promana, divulga, propugna, persegue da anni di lotta contro l’attuale regime..
Orazio Fergnani – AlbaMediterranea.
alessandro ha detto 29 novembre 2012
Pur Aderendo al progetto della RDC mi permetto di introdurre una proposta che mi vede direttamente coinvolto come cittadino italiano, come genitore e come presodente dell’A.N.P.A.onlus. Sono quattro punti per un obiettivo comune da raggiungere, ai quali, altri ne saranno aggiungenti man mano che ne verranno individuati di nuovi.
Questi i quattro punti considerati irrinunciabili, elaborati sul principio che il diritto di vivere e all’autodeterminazione debba essere sancito per legge, e riassunto in risposte concrete e strutturate.
• Il Bilancio Sociale deve essere intoccabile e i fondi ad esso destinati non possono, per legge, essere stornati su altre voci di spesa
• Il raggiungimento del “dal possono al debbono” dovrà invece essere sancito da una norma che sostituisca, in tutte le leggi di risposta alla disabilità, la “possibilità” per gli enti locali con l”obbligo” di erogare un servizio
• l’applicazione dell’ISEE dovrà tenere conto dell’aggravio di spesa che la disabilità comporta per le famiglie e non il mezzo per fare cassa e riportare i disabili indietro di decenni, precipitandoli nuovamente nella povertà
• La restituzione dei fondi sottratti a Roma capitale e alla Regione Lazio, eviterà che decine di migliaia di famiglie si ritrovino senza servizi essenziali: scuola, assistenza, formazione, ma rappresenterà anche la giusta applicazione di Leggi vigenti e fare da volano perchè ciò avvenga su tutto il territorio nazionale.
La somma dei quattro punti consentirebbe quindi di abbandonare una cultura dai contorni nazisti per rimettere in mano ai veri protagonisti – disabili e famiglie – la propria vita, senza che sulla loro pelle possa mai più arricchirsi alcuno.
E’ tempo che anche i politici, anche quelli della regione Lazio, facciano un passo indietro perché le lobby come quella del gioco d’azzardo e perché si investa su quello che Michele Colangelo ha definito il New Deal del comparto sociale. Il Parlamento Nazionale e Regionale deve riappropriarsi della sua sovranità e lo potrà fare fin da subito, nel momento in cui andrà a votare provvedimenti decisi dalle passate amministrazioni e da questo governo tecnico, di fatto in contrasto con il diritto di vivere delle persone, delle famiglie e dei disabili.
Per questi punti ho manifestato i miei DIRITTI in Piazza Montecitorio , lo scorso ottobre anche con uno sciopero della fame , insieme al Comitato 14 settembre, persone e famiglie , che ci ha visto accolti dal governo. Nella speranza che possa rappresentare l’inizio di un nuovo dialogo con la politica, volto a ricucire quello strappo che questa ha determinato negli ultimi anni con la base elettorale, specie quella più fragile ormai priva di punti di riferimento, Oggi porto questa proposta direttamente come candidato alla presidenza regionale.
Tutte le Associazioni e i Gruppi che volessero aderire condividendone gli obiettivi, possono farlo sostenendo questa candidatura.
Alessandro CAPOBIANCHI
aldosaudelli ha detto 15 dicembre 2012
Programma Elettorale in 8 Punti:
1. Trasparenza e partecipazione
La trasparenza è la premessa fondamentale per una piena partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Per questo motivo le informazioni della Pubblica Amministrazione devono essere facilmente e tempestivamente reperibili, pienamente comprensibili, aperte e riutilizzabili.
I cittadini italiani devono essere messi in condizione di avere facile e completo accesso sia a tutte le decisioni assunte a tutti livelli dagli enti locali al Governo nazionale, sia a tutte le informazioni di pubblica utilità, inclusi gli impegni e le decisioni assunte in ambito europeo e internazionale.
In Italia, con la riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale del 2010, si è voluto recepire espressamente la dottrina dell’Open Data (letteralmente “dati aperti”), che prevede facile accessibilità ai dati pubblici da parte dei cittadini che ne facciano richiesta. A questo proposito nell’ottobre 2011 viene lanciato il portale http://www.dati.gov.it,che mette a disposizione i dati di 52 amministrazioni (ad es. regione Liguria, provincia di Roma, comune di Bologna).
Problemi di trasparenza dell’Italia si hanno anche in tema di aiuto allo sviluppo per i paesi più poveri. Secondo un recente rapporto realizzato dalla campagna globale per l’aiuto trasparente, l’Italia è al 53esimo posto sui 72 paesi donatori (Paesi OECD, Paesi europei, Paesi emergenti, agenzie e organismi di cooperazione allo sviluppo)1.
Cosa si chiede:
Il Governo e il Parlamento devono, attraverso strumenti legislativi, accelerare il processo di divulgazione dei dati da parte delle Istituzioni e della Pubblica Amministrazione, nel formato più accessibile e riutilizzabile, sul modello dei Freedom Of Information Act2, in modo da mettere tutti i cittadini in condizione di avere un tempestivo accesso a tutte le decisioni assunte a tutti livelli, inclusi gli impegni di natura europeo ed internazionale;
il Governo deve adottare degli strumenti di trasparenza dei dati in caso di catastrofi naturali, come ad esempio la tracciabilità dei fondi pubblici e privati per le ricostruzioni post calamità (ad es. sostenendo il progetto “Protezione Civica” sul monitoraggio delle donazioni per la ricostruzione delle zone dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto nella primavera del 2012);
il Governo deve rispettare gli impegni sulla trasparenza presi dall’Italia al Forum di Alto Livello sull’Efficacia degli Aiuti di Busan3, ovvero implementare uno standard comune per la pubblicazione elettronica periodica e completa sulle risorse fornite attraverso la cooperazione allo sviluppo, che tenga in considerazione le relazioni statistiche del DAC4 e gli sforzi complementari dell’Iniziativa internazionale per la trasparenza dell’aiuto IATI5.
2. Diritti delle donne e pari opportunità
L’Italia resta nettamente in ritardo rispetto alla media europea, ma anche rispetto ad alcuni paesi in via di sviluppo, nelle classifiche che misurano il livello di parità raggiunto tra donne e uomini. I dati ISTAT rilevano la permanenza di forti disparità di genere nel mondo del lavoro in termini di squilibri salariali, di inquadramento e concentrazione in alcuni settori e professioni (“segregazione occupazionale”) e di prevalenza del carico di lavoro domestico e di cura delle donne svolto a favore di bambini e anziani.
Ad esempio, il 30% delle madri interrompe il lavoro per motivi familiari, contro il 3% dei padri; tra il 2008 e il 2009 circa 800mila donne sono state obbligate a lasciare il lavoro a causa di una gravidanza, pari all’8,7% delle donne con un lavoro o che hanno avuto un lavoro; solamente 4 donne su dieci riprendono a lavorare dopo la gravidanza, con differenze geografiche rilevanti: 2 donne su 4 al Nord e poco più di 1 su 5 al Sud. L’Italia non è in linea con gli standard europei relativi all’offerta di asili nido, pari al 33% dei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni: secondo l’ISTAT, solamente l’11,8% dei bambini di età 0-2 anni può frequentare un asilo pubblico.
Sono inoltre inadeguati gli interventi per contrastare la violenza sulle donne e per sradicare gli stereotipi di genere riconosciuti dall’ONU come causa culturale delle disuguaglianze di genere in Italia in tutti gli ambiti della vita. Nel nostro Paese ogni tre morti violente una riguarda donne uccise da un marito, un convivente o un fidanzato; tra gennaio e novembre 2012, sono stati registrati almeno 105 casi di femmicidio. In Italia non sono sufficientemente presenti sul territorio le case rifugio per le donne maltrattate: si contano 500 posti letto rispetto ai 5.700 necessari secondo gli standard europei. I centri antiviolenza non sono equamente distribuiti sul territorio e alcune provincie ne sono totalmente sprovviste, come Campobasso, Catanzaro e Matera. È necessario poi indirizzare politiche e programmi a favore di quei soggetti che subiscono discriminazioni multiple, legate a fattori quali l’origine geografica, l’appartenenza a minoranze etniche, la disabilità, l’età e l’orientamento sessuale.
Nel settembre 2012 l’Italia ha firmato, ma non ancora ratificato, la Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica (Convenzione di Istanbul), che oltre a riconoscere la violenza di genere come violazione di diritti umani, prevede interventi integrati per il contrastato del fenomeno, fra questi azioni di prevenzione sensibilizzazione, raccolta dati e servizi di supporto alle vittime di violenza. È un primo passo, ma non basta.
Rispetto all’impegno finanziario dell’Italia a livello internazionale sui temi dell’uguaglianza di genere e dell’empowerment femminile, sulla base degli ultimi dati OECD disponibili l’Italia è agli ultimi posti nella classifica dei Paesi donatori per esborsi, dedicando solamente il 7% dell’aiuto pubblico bilaterale, e contribuendo con meno dell’1% al totale delle risorse stanziate dai Paesi membri del DAC.1
Cosa si chiede:
Il Governo deve prevedere, in coordinamento con regioni ed enti locali, investimenti adeguati per adeguare l’offerta dei servizi pubblici per l’infanzia agli standard europei e politiche per favorire la redistribuzione della responsabilità del lavoro di cura tra donne e uomini all’interno delle famiglie;
Il Parlamento ratifichi la Convenzione di Istanbul per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e la violenza domestica e il Governo metta in atto ogni misura utile per la sua piena attuazione, inclusi finanziamenti necessari ad adeguare agli standard europei l’offerta di centri antiviolenza e case rifugio su tutto il territorio nazionale;
Il Governo deve assicurare, in coordinamento con regioni ed enti locali, il monitoraggio costante dello stato di attuazione e dell’efficacia del Piano Nazionale contro la violenza e lo stalking;
Governo, regioni ed enti locali devono adottare il bilancio di genere e integrare trasversalmente in tutte le politiche e programmi un’analisi di genere per rendere più efficace la spesa pubblica. Devono inoltre prevedere raccolte sistematiche di dati disaggregati per sesso, età e provenienza per informare l’azione governativa nel definire priorità politiche e allocazione di risorse, oltre a prevedere raccolte di dati sistematiche e integrate tra i vari organi di Governo sulle varie forme di violenza sulle donne;
Il Governo deve aumentare progressivamente il livello di finanziamento pubblico degli interventi di cooperazione internazionale destinato all’uguaglianza di genere e dell’empowerment femminile con l’obiettivo del raggiungimento del 40% dell’APS entro il 2017.
3. Eliminare le ingiustizie
La condizione degli immigrati richiede interventi incisivi. Nei paesi Ue per ogni 100 stranieri si registrano in media 2,4 acquisizioni di cittadinanza; in Italia questo valore scende a 1,51. Nel nostro paese vige il principio dello ius sanguinis, ripreso nel sistema legislativo (da ultimo nel 1992) che regola l’accesso alla cittadinanza italiana. In base alla legislazione attuale, si diventa cittadini italiani:
tramite il matrimonio con un cittadino/a italiano/a se il soggetto immigrato è regolarmente residente e coniugato da almeno 2 anni (3 anni se celebrato all’estero);
al raggiungimento della maggiore età se il soggetto ha risieduto legalmente ed ininterrottamente sul territorio italiano dalla nascita e se rende un’esplicita manifestazione di volontà in tal senso entro il diciannovesimo anno di età;
tramite il processo di naturalizzazione che comporta il possesso di alcuni requisiti: la lungo-residenza (4 anni per i comunitari, 10 per i non comunitari e 5 per i rifugiati), un reddito sufficiente, l’assenza di precedenti penali, la rinuncia alla cittadinanza d’origine dove prevista (alcuni Paesi non ammettono la doppia cittadinanza);
per nascita da cittadini italiani fino al quarto grado.
La normativa vigente esclude la possibilità per i figli degli immigrati di acquisire la cittadinanza, anche se nati su suolo italiano. Sono proprio loro che vivono una situazione contraddittoria: nati e cresciuti in Italia, parlano italiano, talvolta non conoscono il Paese dei loro genitori, si sono formati nel nostro Paese, si sentono italiani, ma non possono esserlo sul piano giuridico.
Considerando che da oltre 30 anni l’Italia si è trasformato da paese di emigrazione in uno di immigrazione, e che sono sempre più rilevanti i flussi in entrata, appare superata una concezione della cittadinanza che non considera il territorio come luogo di convivenza e appartenenza. Per la legislazione vigente che basa il diritto di cittadinanza sul sangue, sull’etnia, sulla lingua è premessa di esclusione sociale e di violazione dei diritti umani, poiché il diritto di cittadinanza è collegato al godimento di altri diritti – incluso l’accesso alle risorse, beni e servizi.
Inoltre si ritiene che per eliminare le ingiustizie si deve considerare l’impatto della crisi sui servizi sociali e la negazione di diritti delle fasce più deboli. Per questo motivo deve essere resa operativa una Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF) a livello nazionale, al fine sia di limitare le distorsioni nei mercati finanziari sia di utilizzarne i ricavi per sostenere i servizi sociali, con particolare attenzione alle categorie che soffrono di più l’impatto della crisi economica. Sulla base delle analisi delle transazioni del 2011 il Governo stima che, grazie a questa imposta, ci possa essere un gettito annuo di 1.088 milioni di euro2.
Cosa si chiede:
Il Governo e il Parlamento intervengano in tema di immigrazione, riconoscendo il diritto di cittadinanza attraverso una riforma legislativa che preveda che i bambini nati in Italia da genitori stranieri abbiano la possibilità di essere cittadini italiani a tutti gli effetti, con il pieno godimento dei pieni diritti e doveri;
Il Parlamento e il Governo devono istituire una Tassa sulle Transazioni Finanziare il cui gettito sia destinato a obiettivi di welfare nazionale (50%), alla cooperazione internazionale (25%), e al contrasto ai cambiamenti climatici (25%);
Il Parlamento e il Governo devono contrastare l’ high frequency trading3 dei titoli tassando ogni singola operazione. Gli scambi commerciali ad alta frequenza esasperano l’instabilità dei mercati, pertanto è importante assicurare che il prelievo si applichi a ciascuna operazione e non solo ai saldi di fine giornata.
Il Governo e il Parlamento devono includere, nella legislazione italiana, la tassazione sugli strumenti derivati;4
4. Sostenibilità e “green economy”
La transizione verso uno sviluppo sostenibile dovrebbe focalizzarsi sui cambiamenti nei modelli di produzione, consumo e distribuzione, verso un’economia a basse emissioni capace di rispondere in modo adeguato ai cambiamenti climatici. La sostenibilità del modello di sviluppo non deve minacciare l’equità sociale; vanno realizzate politiche che non mettano in discussione i diritti umani fondamentali. Equità sociale e sostenibilità ambientale sono, quindi, due facce della stessa medaglia di un modello di sviluppo genuinamente sostenibile. Le politiche in materia di biocarburanti rappresentano proprio quello che la “green economy” non dovrebbe essere: una nuova frontiera per gli investimenti che seguono il vecchio paradigma che prevede la possibilità di uno sfruttamento illimitato delle risorse naturali come terra, acqua, biodiversità e foreste. I biocarburanti stanno assorbendo una quota sempre più consistente della produzione agricola globale, influenzando in modo significativo l’andamento dei prezzi agricoli sui mercati internazionali 1. Diversi studi hanno provato a isolare l’effetto della domanda agro-energetica di biocarburanti sul rialzo dei prezzi durante la crisi del 2007-2008: si stima un impatto significativo a partire dal 25-30% secondo l’IFPRI2 , fino ad arrivare al 75% come affermato dalla Banca mondiale3.
È ormai ampiamente riconosciuto il fatto che l’aumento dell’uso di biocarburanti avrà un impatto sul livello dei prezzi dei prodotti agricoli nei prossimi anni, che penalizzerà le popolazioni più povere. Diversi importanti studi4 stimano che la domanda addizionale determinata dagli obiettivi di consumo obbligatori fissati dalla UE contribuirà da qui al 2020 a mantenere i prezzi delle materie prime agricole a livelli artificialmente più alti5.
Tra il 2000 ed il 2010, il consumo mondiale di biocarburanti è passato da 16 a 100 miliardi di litri (+625%)6; tra il 2008 e il 2010, il 21% della produzione mondiale di zucchero, l’11% degli oli vegetali e dei grani sono stati destinati all’industria dei biocombustibili7. Attualmente il 40% della produzione di mais degli Stati Uniti8 e due terzi della produzione di oli vegetali in Europa9 vengono utilizzati per produrre biocarburanti ed è prevista un’ulteriore crescita.
Oltre alle conseguenze sulla sicurezza alimentare, ci sono evidenze negative anche rispetto alla capacità di alcuni tipi di biocarburanti di contribuire a un effettivo risparmio di emissioni di gas a effetto serra. Dai risultati di studi realizzati per la Commissione europea emerge, infatti, che l’utilizzo di biocarburanti prodotti da materie prime come soia, olio di palma e colza, con le quali in Europa si realizza l’80% carburanti, determina un livello di emissioni maggiore rispetto all’impiego di fonti fossili.
Questo fenomeno è dovuto anche al fattore ILUC (Indirect Land Use Change), ovvero l’impatto sulle emissioni di gas a effetto serra legati al cambio di destinazione d’uso dei suoli. Ad esempio, se si coltivano semi di girasole per il settore alimentare, una volta deciso di destinare questo prodotto all’industria dei biocarburanti è necessario trovare un altro terreno per continuare a soddisfare la domanda alimentare del prodotto agricolo: si arriva a un aumento complessivo della produzione, e molto probabilmente alla necessità di coltivare nuovi terreni, con la conseguenza di aumentare il livello di emissioni associate. Quindi, perseguendo l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra ricorrendo ai biocarburanti, l’UE rischia di ottenere il risultato contrario, finendo per causare un livello di emissioni addizionali nell’ordine dei 27-56 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti per anno10, vale a dire il 6% del totale delle emissioni nei trasporti nel 2007 o il 12% delle emissioni in agricoltura. Tutto questo equivarrebbe, nel 2020, ad aver immesso sulle strade europee un numero aggiuntivo di macchine che oscilla tra i 12 e i 26 milioni di unità.
Il nostro Paese dovrebbe finalmente riconoscere i limiti e i rischi per la sicurezza alimentare, l’accesso alla terra ed alle risorse naturali e, più in generale, per lo sviluppo dell’attuale politica dei biocarburanti e attivarsi per trovare alternative efficaci al loro utilizzo, garantire una effettiva sostenibilità sociale della loro produzione e promuovere in sede europea un profonda revisione delle politiche in materia.
Cosa si Chiede:
al Governo italiano di abbandonare l’utilizzo dei biocarburanti realizzati a partire da materie prime agricole alimentari per il raggiungimento dell’obiettivo del 10%% di utilizzo di energie rinnovabili nel settore dei trasporti fissato dall’Unione europea (Renewable Energy Directive 18/2009/CE;
al Governo italiano di riconoscere i rischi per la sicurezza alimentare e l’accesso alla terra della produzione di tutti i biocarburanti ricavati a partire da prodotti agricoli anche non alimentari ma realizzati utilizzando terra ed altre risorse fondamentali come l’acqua introducendo a tal fine anche criteri di sostenibilità sociale;
al Governo italiano di attivarsi in sede europea per sostenere l’eliminazione del target obbligatorio del 10% di utilizzo di energie rinnovabili per il settore dei trasporti, promuovendo altre politiche realmente sostenibili su trasporti e mobilità alternativa11;
Al Governo italiano di attivarsi in sede europea per l’introduzione del fattore ILUC all’interno dei criteri di sostenibilità previsti dalla RED per il livelli minimi di risparmio di emissioni (art.17) e della Direttiva sulla qualità dei carburanti (Fuel Quality Directive)
5. Piccola agricoltura: facciamola crescere
Negli ultimi anni si è aggravata la profonda crisi del settore agricolo a livello mondiale, la cui prima manifestazione è stata l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari; nel 2009 il numero di affamati si è spinto verso la cifra record di un miliardo di persone. Si prevede che crisi di questa portata possano ripetersi in un prossimo futuro1, con la conseguente progressiva negazione di diritti economici e sociali fondamentali, come quello al cibo. Le cause sono molteplici, e fra queste: la governance del mercato dei beni agricoli (liberalizzazione e deregolamentazione), di quello dell’energia (biocarburanti) e della finanza (aumento delle attività speculative sui mercati borsistici delle materie prime agricole); la diminuzione della disponibilità di produzione sui mercati mondiali determinata da eventi climatici estremi e ricorrenti (siccità in Australia, Russia dell’agosto di quest’anno e in Ucrania nel giugno) e dall’incapacità di compensare tali riduzioni attingendo alle riserve (calo strutturale degli stock pubblici a livello globale). A questi elementi va aggiunta la riduzione strutturale degli investimenti pubblici e privati in agricoltura verificatasi negli ultimi decenni.
Nonostante la FAO abbia rivisto e adeguato le proprie statistiche sulla fame, secondo The State of Food Insecurity in the World, FAO dell’ ottobre 2012 sono ancora 870 milioni le persone che soffrono la fame nel mondo2.
La povertà e la fame sono fenomeni ancora prevalentemente rurali. Infatti, il 50% degli affamati sono piccoli contadini che vivono di agricoltura di sussistenza su piccoli appezzamenti di terreno; un ulteriore 25% non possiede nemmeno la terra. Combattere la fame, quindi, significa sostenere la piccola agricoltura3. Il diritto alla terra è attualmente minacciato dagli interessi di governi e imprese private (spesso multinazionali del cosiddetto “agribusiness”, energetiche e finanziarie) che vogliono garantirsi l’approvvigionamento di importanti risorse tra le quali i prodotti agricoli, spesso operando acquisizioni su larga scala che sottraggono terra ai piccoli contadini (fenomeno conosciuto come “land grabbing” letteralmente: accaparramento di terra).
I prodotti agricoli sono sempre più richiesti non solo per l’approvvigionamento alimentare, ma anche per la produzione di biocarburanti. Si pensi che ad esempio in Africa Sub-Sahariana dei 34,3 milioni di ettari (una superficie di poco più grande del territorio italiano) acquisiti da investitori internazionali (tra cui anche imprese italiane4), il 55% è destinato alla produzione di biocombustibili.
La situazione attuale fa emergere la necessità di una riforma radicale della governance dei mercati agricoli a livello sia nazionale sia internazionale, nel Sud come nel Nord del mondo e di nuove politiche pubbliche per l’agricoltura, la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. Oltre a un urgente aumento della qualità e della quantità degli investimenti in questi settori.
è impegnata per l’affermazione di un modello di sviluppo agricolo in Italia e nel mondo che promuova sostenibilità ambientale, giustizia sociale e sviluppo locale. A tal fine è necessario ripensare le politiche pubbliche in agricoltura.
Cosa si chiede:
A livello nazionale, il Governo e le amministrazioni locali dovrebbero:
riconoscere ed adeguatamente sostenere la piccola agricoltura contadina con particolare riguardo alle donne e ai giovani;
fermare il consumo di territorio e garantire l’accesso alla terra per la piccola agricoltura contadina, dando i terreni agricoli in cessione a chi intende promuovere pratiche di agricoltura sostenibile su piccola scala;
sostenere i sistemi locali di cibo (reti locali di produttori, cuochi, cittadini/consumatori), anche attraverso meccanismi che prevedano la partecipazione delle popolazioni locali alla definizione e implementazione delle politiche sul cibo;
promuovere l’eliminazione degli sprechi alimentari lungo tutta la filiera, e una cultura del cibo legata alla valorizzazione delle tradizioni locali, alla qualità e agli aspetti sociali e ambientali della produzione del cibo;
sostenere la transizione dall’attuale modello agroindustriale verso un produzione agro-ecologica che riduca le emissioni di gas ad effetto serra, preservi gli ecosistemi e garantisca utilizzo sostenibile delle risorse naturali (biodiversità, acqua, suoli etc.). A tal fine è necessario sostenere la produzione biologica.
A livello internazionale il Governo dovrebbe:
attivarsi per fermare gli investimenti di land grabbing e promuovere politiche fondiarie che garantiscano l’accesso alla terra per la piccola agricoltura. A tal fine è fondamentale che il Governo italiano si adoperi per sostenere in tutti i paesi l’implementazione delle Direttive Volontarie per una Governance Responsabile dei Regimi di Proprietà Applicabili alla Terra, alla Pesca e alle Foreste nel Contesto della Sicurezza Alimentare Nazionale, adottate dal comitato per la Sicurezza alimentare globale tramite la creazione di un tavolo multistakeholder ad hoc5;
sostenere una riforma radicale della governance dei mercati agricoli, eliminando la concentrazione del potere di mercato lungo le filiere nelle mani dei grandi gruppi industriali (produzione, trasformazione e distribuzione); fermando la speculazione finanziaria sulle commodity agricole; sostenendo l’adozione di politiche di stabilizzazione dei prezzi (quali la creazione di riserve alimentari) e di promozione dell’accesso al mercato per i piccoli contadini;
aumentare la qualità e la quantità dell’aiuto pubblico allo sviluppo dedicato all’agricoltura dando priorità agli investimenti per un’agricoltura sostenibile e per programmi diretti ai piccoli produttori, anziché alle multinazionali del cosidetto “agribusiness” nei mercati dei Paesi del Sud come proposto nella nuova iniziativa (“New Alliance to increase Food security and Nutrition”) lanciata dal Governo degli Stati Uniti durante il G8 di Camp David nel maggio del 2012.
6. Più responsabilità sociale per le aziende
Sempre più aziende a livello globale mostrano di avere una consapevolezza della propria responsabilità sociale che va al di là della semplice produzione di reddito; in Italia le imprese più attente sono le filiali di grandi multinazionali; la media impresa italiana inizia a cogliere l’importanza di questo argomento. In campo internazionale si parla di Corporate Social Responsability (Responsabilità Sociale d’Impresa – “RSI”), che è vista dagli stakeholders (gli attori a vario titolo dell’azione dell’impresa) come una componente cruciale della vita di un’azienda.
Un’impresa socialmente responsabile opera attraverso processi, tecniche e comportamenti tali da apportare miglioramenti nelle condizioni di lavoro, nella protezione dell’ambiente sociale e naturale, e nella tutela dei consumatori. Nel nostro paese, le buone prassi della responsabilità sociale faticano ad affermarsi, e prevale la buona volontà delle singole imprese. Anche per questo motivo, ritiene che strumenti volontari non siano sufficienti.
È necessario promuovere regole chiare, tanto a livello italiano quanto europeo, che sostengano le imprese nell’adozione di comportamenti socialmente responsabili e sostenibili ecologicamente in tutto il mondo, facendo in modo che questi diventino una prassi consolidata.
A livello nazionale, il Governo sta lavorando a un “Piano d’azione nazionale sulla responsabilità sociale d’impresa”, contribuendo alla realizzazione della “Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese”1. Con questo documento la Commissione europea introduce una nuova definizione di RSI come “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”, invitando le aziende a integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, dei diritti umani nella loro missione e prassi.
ritiene opportuno che, nell’ambito della definizione del piano d’azione sulle RSI, il Governo si faccia promotore dello sviluppo di politiche e regolamenti che conducano a un riconoscimento legale della responsabilità sociale d’impresa come veicolo di crescita sociale e di ridistribuzione efficiente della ricchezza e del valore generato.
In particolare, si ritiene che l’azione del Governo italiano debba contribuire alla cultura della responsabilità sociale presso le imprese e i cittadini (aumentando gli incentivi per le imprese che adottino gli standard di Responsabilità sociale), a promuovere le iniziative delle imprese sociali del Terzo settore e delle organizzazioni della società civile e a favorire la trasparenza e la divulgazione delle informazioni sulla RSI.
Cosa si chiede:
il Governo si adoperi, tramite i Ministeri competenti, nell’attuazione di un processo di monitoraggio effettivo del rischio di violazione dei diritti umani lungo tutta la filiera produttiva delle aziende italiane, in Italia e nel mondo;
nell’ambito della definizione del Piano d’azione sulle Responsabilità Sociali d’Impresa (RSI), il Governo promuova un riconoscimento legale della RSI come veicolo di crescita sociale, oltre che l’adozione di regole chiare, tanto a livello italiano quanto europeo, che inducano le imprese ad adottare comportamenti socialmente e responsabili ed ecologicamente sostenibili in tutto il mondo e il mondo imprenditoriale adotti codici etici e standard produttivi, come Valore Sociale, per qualificare il lavoro delle aziende italiane all’estero;
il Governo italiano promuova l’adozione degli strumenti tipici delle imprese sociali (quali il coinvolgimento delle comunità locali nelle scelte imprenditoriali, la trasparenza e l’informazione) per la prevenzione dell’impatto negativo dell’attività produttiva sui diritti umani e sugli aspetti sociali e ambientali, dando piena attuazione al UN Global Compact del quale l’Italia è paese aderente2;
per l’acquisto di beni e servizi pubblici a tutti livelli amministrativi (public procurement), siano previsti incentivi in caso di scelta di aziende socialmente responsabili;
che le amministrazioni centrali e periferiche sostengano le aziende in un percorso di responsabilità sociale e promuovano il dialogo tra le imprese e le organizzazioni del Terzo settore (imprese e cooperative sociali) tramite la creazione di specifici sportelli CSR e attività di formazione.
7. Non profit: utili per la società
Le organizzazioni non profit organizzazioni non governative, associazioni di Terzo Settore, cooperative ed enti di promozione sociale sono attori importanti in Italia per impatto sociale ed economico.
Negli ultimi anni, sono state introdotte norme che intervengono nelle attività del settore non profit, con conseguenze sulla capacità di operare e di programmare gli interventi.
Dal 2005 la disciplina fiscale consente di dedurre dal reddito le donazioni a favore dell’associazionismo (conosciuta come “Più dai, meno versi”). Dal 2006, è possibile per individui e aziende devolvere alle organizzazioni non profit il 5×1000 delle proprie tasse sul reddito, e quindi il settore non governativo dispone di una fonte alternativa di finanziamento; nella realtà, si è presentato più di una volta il rischio di non vedere inserito nel bilancio dello Stato le necessarie coperture finanziarie. L’intento del 5×1000 non è solamente la creazione di nuovi spazi di iniziativa dei cittadini, ma anche la responsabilizzazione del contribuente nell’individuazione degli enti meritevoli di essere finanziati con le risorse pubbliche1.
Un notevole peggioramento si è registrato in materia di costi postali. Dal 1996 la tariffa che fissava il costo per iniziative di raccolta fondi da parte delle onlus era pari a 0,0504 euro a invio; nel 2010, l’agevolazione è stata improvvisamente tagliata, provocando un aumento della tariffazione di più del 500%, che è passata a 0,283 euro. Sempre nel 2012, con la conversione del Decreto legge sull’editoria, il costo è stato equiparato a quello per i prodotti editoriali, ovvero 0,1136 euro a invio, portando le spese di spedizione “solo” al 200% di quello precedente all’introduzione degli aumenti.
Cosa si chiede:
il Parlamento stabilizzi per legge il 5×1000 (attualmente rinnovato ogni anno attraverso la legge finanziaria), eliminando il tetto massimo di 400 milioni erogabili dallo Stato, in vigore negli ultimi anni;
intervenendo sulla legge “Più dai, meno versi”, il Parlamento deve innalzare il tetto delle donazioni deducibili (attualmente fermo a 70.000 euro);
il Parlamento deve intervenire per riportare le tariffe postali a un costo di 0,0504 euro a invio.
8. L’Italia nel mondo attraverso la cooperazione internazionale
L’Italia deve tornare a essere un attore rilevante a livello globale e la cooperazione internazionale per lo sviluppo è una componente fondante e qualificante delle relazioni che il nostro Paese intende costruire con il resto nel mondo, nella consapevolezza che buone relazioni internazionali si costruiscono con delle buone scelte di politica nazionale, nell’ottica della coerenza delle politiche. La cooperazione italiana deve essere risollevata da una condizione di debolezza e marginalità: servono più risorse e maggiore qualità.
Negli ultimi anni l’Italia è stata il fanalino di coda fra paesi donatori di aiuto allo sviluppo (OECD DAC); tra il 2008 e il 2012 si è abbattuto sull’aiuto italiano un taglio che non ha paragoni in Europa. La Commissione europea prevede per il 2012 che il rapporto Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) e PIL del nostro Paese passerà allo 0.12%, portandoci al 20esimo posto della classifica dell’Europa a 27: la nostra performance sarà peggiore di quella di Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Slovenia, Cipro e Malta. Persino i Paesi che negli ultimi mesi sono stati colpiti duramente dalla crisi come Spagna, Portogallo e Irlanda hanno la prospettiva di fare meglio di noi in termini di aiuti allo sviluppo.
I risultati italiani non sono confortanti neanche per quanto riguarda la trasparenza, la coerenza e la frammentazione geografica e settoriale. Per quanto riguarda l’aiuto legato1, inoltre, il trend italiano è stato in crescita tra il 2008 e il 2010, anno in cui ha toccato il 58% del totale al netto delle operazioni di cancellazioni del debito. Tra i Paesi UE/DAC, solamente il Portogallo lega l’aiuto in misura maggiore dell’Italia2.
Segnali di inversione di tendenza si sono avuti negli ultimi mesi, grazie ad esempio alla nomina di un Ministro per la cooperazione internazionale, l’incremento delle risorse disponibili per la legge 49/1987 – passate dagli 86 milioni di euro della legge di stabilità 2012 ai 228 milioni del DDL stabilità 20133 – e il riallineamento dei versamenti alle banche e fondi di sviluppo multilaterali, l’inottemperanza dei quali hanno reso l’Italia “debitore cronico” agli occhi della comunità internazionale.
Cosa si chiede:
nella composizione del prossimo Governo deve essere previsto un alto riferimento politico alla guida della cooperazione internazionale per lo sviluppo, ovvero un Ministro;
nel primo anno della prossima Legislatura il Parlamento deve introdurre la riforma dell’architettura della cooperazione italiana, che preveda: a) un Comitato interministeriale, che definisca gli indirizzi e la programmazione, e garantisca la coerenza delle politiche e il coordinamento in ambito governativo; b) un Fondo unico per la cooperazione allo sviluppo, che unifichi e dia coerenza ai relativi capitoli di spesa nei bilanci delle singoli amministrazioni; c) una Conferenza per la cooperazione che valorizzi la soggettività degli attori pubblici e privati, profit e non profit, la loro capacità propositiva, favorendo l’approccio di sistema; d) un’Agenzia attuativa, al fine di garantire adeguata professionalità e maggiore autonomia gestionale e procedurale, pur nella severità della gestione;
in occasione delle legge di stabilità per il 2014, il Governo deve introdurre un piano di riallineamento degli aiuti italiani con gli obiettivi concordati in sede internazionale, fra questi lo 0,7% APS/PIL entro il 2015
In Fede
Aldo Saudelli
pinostrano ha detto 17 dicembre 2012
interessante il tuo intervento. se provassi a separare le motivazioni dalle proposte, o almeno a evidenziare bene quest’ultime, consentiresti di capire meglio cosa e dove inserire i punti programmatici qualificanti e interessanti che hai presentato. Ovviamente se c’è consenso.